La settimana scorsa ho visitato il paese di Monte San Savino in provincia di Arezzo. Non si tratta di un luogo
qualsiasi ma del paese dove nell’Ottocento emigrarono i miei trisavoli Romedio
e Albertina con alcuni dei loro figli (altri nacquero a Monte e uno al ritorno a Mezzana).
Di questo paese parlo nella prima parte del libro Reset, quando la famiglia Ravelli, appunto con il capofamiglia
Romedio, vista la povertà della val di
Sole decide di trasferirsi a Monte
San Savino lavorando come “parolot”, cioè lavorando il rame. Con lui
partirà anche la famiglia che resterà a Monte
San Savino per circa 11 anni.
Arrivarono in Toscana, a oltre 500 chilometri di
distanza dalla val di Sole, su un piccolo carretto, in balia delle intemperie e
del sole, sicuramente stremati dal viaggio. Solamente molti anni dopo avrebbero
rivisto il paese di Mezzana, ma
anche al ritorno conservarono sempre il ricordo di Monte San Savino.
Ho ritrovato in Corso
Sangallo, la via principale di Monte,
antiche case costruite in pietra, la torre dell’orologio con le ore in
ceramica-Monte è famosa per la sua
lavorazione di questo materiale-le antiche mura e porte del paese, vie e
stradine strette, la chiesa dove probabilmente molte volte si recarono i miei
avi.
Il municipio ha all’interno un giardino da cui si gode un
bel panorama sulla Valdichiana, e
camminando tra quelle vie mi è sembrato di posare i piedi su un pezzo della mia
storia, la stessa che è raccontata fedelmente in Reset.
Un bel viaggio, anche nella memoria
Lara Zavatteri